CONSIDERAZIONI PSICOPEDAGOGICHE SULLA PARTECIPAZIONE AI CAMPI EDUCATIVI DEI BAMBINI AL DI SOTTO DEI 7 ANNI E DEI GENITORI

Negli anni ‘70 il concetto di educazione nei confronti dei soggetti diabetici subì una evoluzione e da semplice <addestramento>, finalizzato ad una autonomia pratica del diabetico, si passò alla fase "propriamente educativa": non è piu' considerato sufficiente l’addestramento pratico ma si pone un processo educativo o formativo che conduca da un lato a modificazioni del comportamento, dall’altro ad una motivazioni stabile del diabetico (1).
L’efficacia dei campi educativi dipende molto dalla metodologia di formazione adottata e dal grado di collaborazioni tra il gruppo dei docenti ed il gruppo dei partecipanti (2); anche per questo il personale dovrebbe possedere alcune caratteristiche generali (specialmente in ambito educativo) al di là delle competenze professionali in campo diabetologico (3).Poiché l’obiettivo finale è, in termini di apprendimento, l'autogestione del proprio controllo metabolico, appare chiaro come il suo raggiungimento sia possibile attraverso una serie di obiettivi intermedi da individuare e da affrontare di volta in volta in maniera adeguata allo stadio di sviluppo del bambino (4).Tra questi sembra opportuno ricordare:


A) Riconoscimento dello schema corporeo.
La personalità non si sviluppa nel vuoto, ma attraverso il movimento, le sensazioni e il pensiero di un corpo specifico (5); l’immagine del corpo è una struttura dinamica che, in quante tale, si evolve nel tempo. Il bambino diabetico può vivere le “malattia” come una minaccia alla propria integrità (6). Portante è difficile perseguire tale obiettivo in ambiente ospedaliere proprio perché in quel contesto il bambino è portato a sentirsi malato ed a percepire l’inadeguatezza del proprio corpo. 

B) Ansia ed insicurezza.
Questi stati d’animo vengono trasmessi al bambino dai genitori e, a volte, possono anche determinare una regressione ad un’età inferiore a quella cronologica (7). La protezione che il bambino chiede e riceve dall’ambiente lo porta ad una dipendenza estrema dalle figure genitoriali. Il bambino sente la “malattia” come perdita e, fin verso i 6/7 anni, come un evento aggressive da cui si difende ripiegando in uno stato di dipendenza. I genitori vivono spesso atteggiamenti iperprotettivi per liberarsi dall’angoscia e superare il senso di colpa per la malattia del figlio (8). Pertanto è chiaro che se non si rassicurano i genitori, essi continueranno ad interferire in modo improprio, in quanto il diabete del bambino piccolo viene gestito completamente da questi, e sono proprio loro che hanno bisogno di sostegno poiché solo una serena “accettazione” del diabete permetterà al bambino di arrivare ad un atteggiamento positivo nonostante le limitazioni che deve comunque subire. I genitori dei ragazzi diabetici in genere, ma particolarmente quelli dei bambini piccoli, vanno aiutati a comprendere la necessità di lasciare una maggiore autonomia ai figli, via via che crescono, per dar loro la possibilità di acquisire fiducia in se stessi. Il Campo Scuola, nel favorire lo sviluppo della personalità dei bambini, permettendo loro di acquisire serenità nelle tecniche di autocontrollo, aiuta i genitori a trovare fiducia nell’affrontare e risolvere i problemi, ridimensionandoli, ricostruendo così un equilibrio di vita familiare che può iniziare a riappropriarsi di quella autonomia che l’insorgere del “problema” aveva fatto perdere. 

C) Far superare la naturale ritrosia dell’ago. 
Esistono vissuti psicologici e culturali per cui l’iniezione è già di per sé caricata di annotazioni negative (spesso i genitori utilizzano lo spauracchio del “medico” e della “puntura” come punizione per eventuali capricci dei piccoli). Il cominciare a doversi fare l’iniezione ogni giorno e più volte al giorno può assumere quindi, per un bambino, un significato simbolico negativo. La paura della iniezione si vince spesso imparando a farsela da soli; questo lo si può ottenere più facilmente ad un campo scuola con la presa di coscienza che altri bambini (a volte anche più piccoli) si sottopongono alla “puntura” senza drammi e con serenità. 

D) Mutuo apprendimento.
E’ il primo e più naturale metodo educativo che consiste proprio nell’apprendimento per imitazione; ciò si può effettuare solo se i bambini più piccoli osservano quelli più grandicelli che sanno padroneggiare situazioni che loro ancora non sono in grado di fronteggiare. Nei campi scuola i ragazzi più grandi “esperti in diabete” aiutano i più piccoli, che guardano a loro come a modelli di comportamento ed assumono il ruolo di “giovani diabetici guida” (9). Come i giovani diabetici possono essere di aiuto tra loro, così i genitori, che hanno già fatto esperienza con un bambino diabetico, possono aiutarne altri a superare il primo periodo di sconvolgimento e di ansia (10). Esperienze di campi scuola vissute insieme da ragazzi, genitori ed operatori sanitari hanno mostrato di favorire l’acquisizione di autonomia, processo che coinvolge figli e genitori. Anche in campi scuola per adulti il coinvolgimento del coniugo o di un familiare ha favorito la risoluzione di molti problemi a livello psicologico, culturale e sociale (11). Da quanto esposto è possibile, quindi, affermare che la partecipazione dei bambini al di sotto dei 7 anni e dei genitori. soprattutto dei “neodiagnosticati”, ha un valore oltre che sul piano educativo anche sul piano emotivo come elemento che può favorire il superamento di tensioni causate da insicurezze e paure che una malattia cronica normalmente comporta.  Una crescita globale e armonica della personalità del bambino è sicuramente legata all’equilibrio, alla tranquillità e sicurezza che il genitore riesce a trasmettere.


  • Annetta Vieri. Psicopedagogista USL Grosseto - UO Medicina e Pediatria di Comunità. Psicologa, Ordine degli Psicologi della Regione Toscana. Esperienze in vari campi scuola per ragazzi diabetici.
  • Ugo Camarri. Docente di Psicologia Sociale presso l’Istituto Professionale di Stato “Luigi Einaudi” di Grosseto. Consulente psicologico dell’ Ass. per l’Aiuto ai Giovani Diabetici di Grosseto. Psicologo, Ordine degli Psicologi della Regione Toscana. 
  • Giovanni Greco. Psicopedagogista presso la Scuola Media Statale “Giovanni Pascoli” di Grosseto. Psicologo, Ordine degli Psicologi della Regione Toscana. Genitore di un ragazzo diabetico. 

Bibliografia

  • (1) ERLE G. et all.. Guida all’organizzazione dei campi educativi per diabetici, Becton Dickinson ed.  (2) ivi.  
  • (3) ivi.  
  • (4) W.H.O. (Organizzazione Mondiale della Sanità), Linee guida per la cura dei bambini ed adolescenti affetti da diabete insulino dipendente.  
  • (5) MACHOVER K., Drawing of thè human figure, Prentice-Hall Inc., New York,1951  
  • (6) LINDA C. et all.. Aspetti psicologici nel bambino diabetico, G. I. di Diabetologia, vol. 12, 1992.  
  • (7) ivi.  
  • (8) CORRADIN H., ERLE G.. Educazione Sanitaria con il diabetico, T.R. ed., Aosta, 1992.  
  • (9) ivi.  
  • (10) ivi.  
  • (11) CORRADIN H., HERLE G., Il cammino della libertà.  Il diabete  a vignette, T.R. ed., Aosta, 1990.  

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