SEMPRE DI PIU', SEMPRE MEGLIO
OVVERO LO SPORT AGONISTICO ED IL DIABETE
Ogni uomo è portato, per natura, alla competizione. Sente il bisogno, la necessità di essere il migliore, il più quotato, il più forte. E' questo, sia in campo fisico che psicologico. Il giovane diabetico non solo si ritrova in quest'ambito naturale, ma, essendo patologicamente segnato, è preso dall'ambizione di dimostrare d'essere pari, se non superiore, ai suoi coetanei non affetti da diabete. L'ansia di riuscire, di emergere, di essere considerato leader di un gruppo, è una delle reazioni che possono di-pendere dall'insorgere della patologia E canalizzando e impiegando le proprie risorse oltre misura, per la propria affermazione, verso attività le più impegnative, si colma un vuoto, una paura d'inefficienza, d'insicurezza che spesso si nasconde nell'animo di questi ragazzi cui si continua a ripetere:< di che cosa ti preoccupi? Sei come gli altri!>. Una volta instaurata la volontà di affermarsi, attraverso la pratica dello sport, e sentendosi predisposto e dotato, il giovane diabetico deve attenersi a scrupolose regole di vita, che lo portano a migliorare, automaticamente, il controllo della malattia e a sviluppare le sue doti volitive. A questo punto, una volta scelta la disciplina, incomincia l'iter burocratico o meglio l'odissea del Giovane Diabetico ID ben controllato e senza complicanze, che vorrebbe diventare campione. La legge 115 lo mette "in quota", ma il "modus vivendi" gli complica la sua aspirazione. Infatti, perché possa ottenere la certificazione d'idoneità devono concorrere una serie d'interventi da parte di specialisti, chiamati ad esprimere una serie di pareri e fra questi, in primo luogo, il diabetologo che dovrà pronunciarsi sullo stato dell'autocontrollo e sul compenso glicemico. Di seguito: il medico sportivo che andrà a valutare, attraverso numerose prove funzionali, i requisiti fisici; l'allenatore che, per accollarsi la formazione del neo atleta, dovrà conoscere profondamente le fasi metaboliche e il consumo energetico, presumendo che sappia che cosa vuol dire avere il diabete; la società sportiva che deciderà la necessità o meno di uno spot per lanciare il neofito. Riteniamo queste precauzioni giuste, ma non siamo ancora arrivati ad ottenere sempre ciò cui si aveva diritto senza inciampare qua e là in trinceramenti vari e non privi di pregiudizi. Dietro un ragazzo con il diabete, che vorrebbe diventare campione, c'è troppo lavoro, troppo impegno e troppo rischio e se non è abbastanza chiaro e scontato il risultato vantaggioso che in seguito ne deriva non è facile arrivare all'idoneità. Da qui, la voglia di nascondere la propria condizione, per arrivare all'obiettivo. La letteratura, infatti, c'insegna che non uno, ma diversi campioni nazionali e mondiali hanno perseguito vittorie nascondendo il loro stato di diabetici (Lanciotto Saltamerenda, canoista fluviale) ma anche di altri che, a conferma che è possibile praticare l'attività agonistica pur essendo ID, si sono affermati come campioni pur dichiarando di esserlo (Isalberti, pallavolo, italiano; Mabbutt, football, inglese; Talbert, tennis, americano...). Certamente questi campioni non sono stati soli, ma sono stati affiancati da specialisti che hanno studiato fino in fondo i problemi connessi, facendoli propri tanto da garantirne la riuscita. Citiamo da uno studio recente dei dottori Ciuti e Concu dell'Istituto di Fisiologia Umana dell'Università di Cagliari: "...Considerando che una buona performance cardiocircolatoria si accompagna ad un miglioramento della capacità di lavoro fisico, con conseguenze positive anche nella sfera psichica, in un gruppo di giovani diabetici ID che si dedicavano ad un'attività sportiva a livello agonistico (5 soggetti maschi d'età compresa fra 17 e 23 anni), abbiamo intrapreso uno studio tendente a quantificare la risposta cardiocircolatoria ad un esercizio fisico d'intensità progressivamente crescente, qual è la prova da sforzo triangolare al cicloergometro. A questo proposito, le loro risposte sono state comparate con altri tre gruppi di soggetti coetanei, i quali erano formati rispettivamente da: atleti sani, diabetici con abitudini sedentarie e soggetti sani con abitudini sedentarie. Risultava che, in corrispondenza del 70% del carico lavorativo massimo, la gettata sistolica negli atleti diabetici presentava un valore che per quanto inferiore a quello degli atleti sani (40% contro il 44%) era comunque superiore, non solo a quello dei diabetici sedentari ma anche a quello dei soggetti sani sedentari. ... Emerge, da questo studio, che, fatto salvo il buon controllo glicometabolico, i giovani affetti da diabete ID possono, senz'altri problemi, dedicarsi ad attività sportive di livello agonistico con la possibilità di ottenere affermazioni e risultati di grado non dissimile da quello ottenibile in soggetti non diabetici." Facciamo senz'altro nostra quest'ultima affermazione rilevando il beneficio fisico e l'allontanamento delle complicanze che derivano dal praticare uno sport impegnato. Crediamo però, perché ciò sia possibile, in una collaborazione interdisciplinare, dove il pediatra diabetologo prima, l'internista poi, con tutta l'èquipe, dalla dietista all'allenatore, fornisca al giovane diabetico, senza scordare minimamente la delicatezza e le controversie che l'argomento richiede e sollecita, la formazione psicofisica che gli consenta di portare avanti la sua vocazione d'atleta. Ne conseguirà che ogni vittoria conseguita dal giovane, sarà anche frutto di quest'impegno e apparterrà, di conseguenza, a tutti. E ciò senza escludere i non addetti ai lavori che debbono prendere coscienza del fenomeno diabete ed essere correttamente informati ed istruiti sulle possibilità di un Giovane ID di diventare anche campione, ed è bello che ciò avvenga! In quest'ultimo compito si affiancano le A.G.D. (associazioni per l'aiuto ai giovani diabetici), sul territorio regionale e la F.D.G. (Federazione Nazionale diabete Giovanile) su quello nazionale che, già in passato, hanno dato prova di riuscire là dove sembrava utopia pensare ad una legge 115. Le aspirazioni dei giovani sono tante e crescono e si amplificano con la consapevolezza di poter approdare a mete sempre più difficili. Andremo avanti, augurandoci di poter continuare a lavorare con tutto il team diabetologico e di chi gravita intorno, ma soprattutto con giovani ID che hanno l'ambizione di colmare l'ignoranza, rimuovere l'indifferenza e acquisire sempre più vantaggi e riconoscimenti, sperando, da parte nostra, che domani non siano in mille a chiederci di voler praticare il deltaplano!
20/09/2000