18 marzo 2019

Così fra 5 anni cambieranno le cure per il Diabete

Dal ‘pancreas artificiale’ autonomo in grado di rilasciare insulina e altri ormoni che regolano la glicemia, come il glucagone, fino alle staminali indotte

Dal ‘pancreas artificiale’ autonomo in grado di rilasciare non solo insulina ma anche altri ormoni che regolano la glicemia, come il glucagone, alle staminali indotte, ovvero riprogrammate per differenziarsi in cellule che producono insulina e impiantate senza l’ utilizzo di immunosoppressione, fino ad algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale.

Questi gli scenari futuri nella cura del diabete che “entro 5 anni” diventeranno realtà “a nostra disposizione”, disegnati da Lorenzo Piemonti, direttore del Diabetes Research Institute dell’ Irccs San Raffaele di Milano, parlando all’ Adnkronos Salute a margine del congresso internazionale Attd 2019 in corso a Berlino.

“Non posso certo dire che pancreas artificiale autonomo e staminali saranno disponibili per tutte le persone con diabete di tipo insulinodipendente, ma lo saranno sicuramente piccoli gruppi di pazienti, perche’ inevitabilmente si porranno limiti di sostenibilità e di priorità per alcuni malati”.

E spiega: “Il trapianto di isole pancreatiche ha già dimostrato sull’ uomo di essere superiore a qualsiasi tipo di trattamento nella capacità di normalizzare la glicemia, per cui si può dire che un paziente trapiantato guarisce dal diabete e dal punto di vista metabolico torna un soggetto normale. Ma ciò comporta due grandi limiti rappresentati dal numero di donatori (gli organi da cadavere sono pochi e serve un sistema laborioso per estrarre le cellule) e dalla necessità di fare terapie immunosoppressiva, con i rischi che ciò comporta”. ”Ma c’ è una rivoluzione in corso – spiega Piemonti – legata e due nuove frontiere. La prima riguarda le cellule staminali pluripotenti indotte (riprogrammate per differenziarsi in cellule che producono insulina)”, al momento già testate sull’ uomo negli Usa e per la prima volta in Europa, a Bruxelles, grazie a un consorzio di cui fa parte anche il San Raffaele di Milano.

“Altra frontiera – prosegue lo scienziato – è la terapia genica, il cosiddetto editing genetico. Questo ha permesso di avere i primi studi sull’ uomo, di fase I, quindi relativi alla sicurezza, ma arriveranno quelli che valuteranno l’ efficacia di questa tipologia di approccio”.

Una “terza possibilità futura è lo sviluppo di sistemi legati soprattutto alle nanoscienze, con tecnologie estremamente miniaturizzate, per avere delle insuline intelligenti che, assemblate all’ interno di nanostrutture, siano in grado di avere un sensore al loro interno e di rilasciare il principio attivo in un funzione della registrazione diretta dello zucchero nel sangue. Prospettiva questa estremamente affascinante ma – ammette Piemonti – molto meno dal punto di vista della disponibilità clinica perché ancora in una fase molto, molto sperimentale”.

Quanto invece alle nuove tecnologie, che oggi permettono la misurazione della glicemia in maniera precisa con strumenti miniaturizzati e indossabili, fino a chip sottocute, microinfusori che rilasciano insulina, algoritmi di precisione “restano però – osserva l’ esperto – dei limiti intrinseci che non permettono al momento di riprodurre una situazione in cui il paziente non deve fare nulla o non indossare alcun dispositivo. Limiti – conclude – che però hanno margini di miglioramento grazie all’ applicazione di algoritmi personalizzati e intelligenza artificiale, che potrebbero portare ad esempio non solo al rilascio dell’ insulina ma anche del glucagone”.

 

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