19 marzo 2019

Scoperta la proteina chiave per i danni al pancreas

DIABETOLOGIA | REDAZIONE DOTTNET | 15/03/2019

La scoperta è di una giovane italiana da poco rientrata in Italia

E’ una giovane ricercatrice di 34 anni, rientrata in Italia dopo un’ esperienza all’ estero, ad aver identificato una proteina ‘chiave’ per la degenerazione delle isole di Langerhans nel diabete di tipo 2.

Francesca Sacco, del Dipartimento di Biologia dell’ Università di Roma Tor Vergata, ha pubblicato su ‘Cell Metabolism’ i risultati dello studio che identifica i meccanismi molecolari alla base della degenerazione di questi sensori del glucosio che si trovano all’ interno del pancreas e che, attraverso la produzione dell’ ormone insulina, regolano la concentrazione di glucosio nel sangue.

Il diabete di tipo 2 è caratterizzato, da un lato, dalla perdita progressiva della funzionalità delle isole di Langerhans, che diventano incapaci di produrre insulina, dall’ altro, da una insoddisfacente risposta di vari organi periferici, come fegato e muscoli, all’ insulina.

“La concentrazione di glucosio nel sangue, la glicemia, è regolata da un complesso circuito cellulare e molecolare coordinato dall’ ormone insulina – spiega la ricercatrice – Attraverso la produzione di questo ormone le isole di Langerhans nel pancreas regolano la glicemia. L’ insulina, a sua volta, stimola alcuni organi, come il fegato e i muscoli, a prelevare il glucosio dal sangue, limitando di conseguenza l’ innalzamento della glicemia.

Un qualsiasi difetto in questo complesso sistema di regolazione causa il diabete, una sindrome metabolica che affligge circa 350 milioni di persone nel mondo”. Sacco ha descritto i meccanismi molecolari che controllano la produzione di insulina in risposta alle variazioni della concentrazione di glucosio e ha identificato una proteina, GSK3, la cui attività è responsabile della degenerazione funzionale delle isole di Langerhans.

“Grazie alla collaborazione con il gruppo di Matthias Mann dell’ Istituto Max Planck di Biochimica a Monaco (Germania) e all’ utilizzo di un’ avanzata tecnologia di cui l’ Istituto dispone nel campo della ricerca proteomica, abbiamo scoperto che le alte concentrazioni di glucosio ematiche attivano la proteina GSK3, laddove questa non dovrebbe attivarsi, e che questa, a sua volta, blocca la produzione di insulina”, dichiara la ricercatrice.

“La tecnologia che abbiamo utilizzato per l’ indagine molecolare è chiamata ‘fosfoproteomica’ e ci ha permesso di descrivere non solo le proteine presenti nel pancreas, ma anche la loro attività”. La ricerca ha dimostrato che, inibendo a livello farmacologico la proteina GSK3, nei topi veniva ripristinata la produzione di insulina e dunque la funzionalità delle isole di Langerhans di topi diabetici, aprendo così la strada allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per combattere il diabete di tipo 2.

Sacco è un cervello ‘in fuga’ rientrato in Italia: la ricercatrice ha trascorso 5 anni nel laboratorio di Mann, a Monaco. A settembre del 2017, con la borsa di studio ‘L’ Oréal Italia per le donne e la scienza’ è rientrata in Italia, all’ Università di Roma Tor Vergata. Qualche mese dopo è diventata ricercatore nel dipartimento di Biologia, grazie al programma per Giovani Ricercatori Rita Levi Montalcini del Miur, che permette la reintegrazione in una Università statale italiana di giovani scienziati che hanno lavorato all’ estero presso un’ Università o Centro di Ricerca.

Oggi, grazie a un finanziamento Airc Grant Start-Up, Sacco conduce un gruppo di ricerca a Tor Vergata per lo studio della resistenza alla chemioterapia di leucemie mieloidi acute, utilizzando la tecnologia della proteomica.

 

fonte: Cell Metabolism

Ti piace questo post?

Altre storie

Le cattive abitudini alimentari costano 50 miliardi l’anno

NUTRIZIONE | REDAZIONE DOTTNET | 21/02/2023  Aumentano i casi di diabete mellito, malnutrizione e di obesità. E la dieta mediterranea perde pezzi In Italia “la cattiva malnutrizione e le cattive abitudini alimentari hanno un costo superiore ai 50 miliardi l’anno, parliamo di diabete mellito, malnutrizione e di obesità”. Così Antonino De Lorenzo,...

Fand: maggiore cura per il piede diabetico DIABETOLOGIA | REDAZIONE DOTTNET | 04/05/2022 Emilio Augusto Benini: “Potenziare la sanità territoriale per i pazienti diabetici anche con figure specialistiche, come il podologo, che ancora oggi mancano nel team diabetologico” La complicanza del piede diabetico, tra le prime cause di amputazione non traumatica, da sola assorbe il 12-15 per cento delle risorse economiche destinate al diabete. Un assistito su sei andrà incontro ad un’ulcera, altri ad amputazione di gamba, che in 7 casi su 10 è preceduta da un’ulcera la cui insorgenza è tra le 2-4 volte più elevata tra i soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 con complicanze al piede. I costi unitari di gestione dell’ulcerazione possono andare da EUR 4.700 sino a oltre EUR 40.000, se la persona va incontro a successiva amputazione. Sono i numeri che devono accendere l’attenzione sulla cura del piede diabetico e su tutte le prestazioni specialistiche che ancora oggi non figurano nei Lea, i livelli essenziali di assistenza che il servizio sanitario nazionale deve garantire. Numeri che ricorda Emilio Augusto Benini, Presidente di Fand-Associazione italiana diabetici, la maggiore in Italia, in una lettera inviata oggi al Ministro della salute, Roberto Speranza, per sollecitare l’inserimento nei Lea delle prestazioni podologiche «affinché possa essere garantita un’assistenza omogenea su tutto il territorio nazionale». Il Presidente Fand ricorda, inoltre, che già dal 1987 la legge 115, nell’evidenziare come il diabete sia una malattia di elevato interesse sociale, ha posto la diagnosi precoce e la prevenzione, nonché la cura tempestiva, come elementi fondamentali per i quali era sin da allora indispensabile una rete assistenziale specialistica distribuita su tutto il territorio nazionale, al fine di gestirlo adeguatamente. «Per noi – sottolinea Benini – adeguatamente significa poter disporre di tutte quelle figure indispensabili e fondamentali per la cura delle persone affette da questa complicanza. Il piede diabetico, proprio per la drammaticità e la devastazione alla quale il paziente potrebbe andare incontro, necessita di tutti gli sforzi fondamentali che gli attori in campo, in primo luogo la parte istituzionale, devono necessariamente attuare per evitare non solo il dramma della complicanza, ma anche in virtù del considerevole risparmio economico ottenibile con l’impiego delle professionalità indispensabili nelle equipe diabetologiche di tutta Italia».

DIABETOLOGIA | REDAZIONE DOTTNET | 04/05/2022 Emilio Augusto Benini: “Potenziare la sanità territoriale per i pazienti diabetici anche con figure specialistiche, come il podologo, che ancora oggi mancano nel team diabetologico” La complicanza del piede diabetico, tra le prime cause di amputazione non traumatica, da sola assorbe il 12-15 per cento...

Categorie

Newsletter

Iscriviti alla newsletter.

Privacy: Acconsento al trattamento dei dati personali