25 maggio 2020

La glicemia alta causa complicanze nei pazienti anziani Covid-19

DIABETOLOGIA | REDAZIONE DOTTNET | 21/05/2020

Una ricerca delle Università campane apre nuove prospettive terapeutiche

Lo scompenso glicemico, condizione in cui i valori di glucosio nel sangue sono eccessivamente alti, è responsabile di complicanze nei pazienti anziani affetti da Covid-19. Una ricerca campana evidenzia gli effetti del controllo glicemico precoce sull’evoluzione della malattia da Coronavirus e apre nuove prospettive terapeutiche indirizzate a ridurne la mortalità.

Lo studio, pubblicato su Diabetes Care, è frutto di un’analisi su 59 pazienti ricoverati presso i reparti di Malattie Infettive dell’ospedale Sant’Anna di Caserta e dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Il gruppo di ricerca composto da internisti, infettivologi, e biologi, e coordinato da Raffaele Marfella, professore ordinario di Medicina Interna all’Università Vanvitelli, ha evidenziato che valori elevati di glicemia, superiori a 140 mg/dl al momento del ricovero in ospedale, si associavano ad aumentato rischio di mortalità.

L’associazione fra diabete e rischio di mortalità nei pazienti con Covid-19, rileva lo studio, era ampiamente documentata. Meno chiaro era invece l’impatto del controllo glicemico sull’intensità del trattamento richiesto e sulla mortalità nei pazienti con Covid-19.

La ricerca ha evidenziato che il sangue dei pazienti iperglicemici presentavano alti livelli di infiammazione e di fattori che favorivano la coagulazione. Da qui l’ipotesi che lo scompenso glicemico possa peggiorare la malattia COVID-19 provocando gravi alterazioni dell’apparato respiratorio e cardiovascolare.  “Abbiamo osservato – spiega Marfella – che la normalizzazione precoce della glicemia, mediante insulina, si associa ad una riduzione dell’infiammazione, della coagulazione e della mortalità.

 Quindi una maggiore attenzione ai livelli glicemia potrebbe migliorare in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti affetti da Covid-19″. 

 

fonte: Diabetes Care, Università Vanvitelli

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