UNA NOTA DELL'AGD GROSSETO ALL'EDITORIALE DI CHORUS: "DI
CHI SONO I CAMPI SCUOLA"
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Mi riferisco all’editoriale “Di chi sono i Campi scuola”, apparso sull’ultimo
numero di Chorus, per esprimere alcune considerazioni e perplessità sul
contenuto delle linee guida elaborate dalla SIEDP e richiamate nell’articolo.
Premetto che sono il responsabile dell’associazione per l’aiuto
ai giovani diabetici di Grosseto, fondata nel 1979 e che già nel 1980 promosse
il suo primo campo scuola.
Come fondatore e responsabile dell’associazione ho
promosso, organizzato e soprattutto partecipato 24/24H a 19 dei 21 campi scuola
ed a tutti i 6 corsi per giovani adulti realizzati a Grosseto.
Scrivo questo non per spirito di autocompiacimento ma per
dimostrare di essere sufficientemente esperto nell’organizzazione di campi
scuola e di non essere uno sprovveduto in materia.
Che cosa s’intende per campo scuola?
Spesso mi sono posto questa domanda venendo a conoscenza dell’organizzazione
di iniziative spacciate per campi scuola dove lo scopo principale era l’attività
ludica, paesaggistica, o sciistica.
Programma tipo: alle 9, 30 si va in pista e si rientra alle
12, 30, Glicemia, terapia, pranzo e poi alle 15 di nuovo sulle piste da sci.
Rientro alle ore 17 e poi lezione.
Sfido chiunque ad avere voglia di fare o ascoltare una
lezione dopo una giornata simile.
Questo dubbio mi si è nuovamente affacciato alla mente dando
un’occhiata al testo preliminare delle cosiddette “linee guida” dove sotto
la voce “obiettivi primari dei campi scuola” al primo posto figura: offrire
una vacanza in ambiente protetto ai giovani diabetici e solo fra i “benefici
secondari” compare - promuovere l’educazione specifica per l’autogestione
del diabete -
Come si vede la mia domanda è più che legittima! Vero è,
comunque, che nell’edizione definitiva delle linee guida per fortuna questi
obiettivi sono stati invertiti.
Nel 1998 in un convegno medico tenutosi a Cesena sul ruolo
dell’educazione nel bambino I.D. un illustre relatore componente della SIEDP
riferì di una sua ricerca fatta su 45 centri pediatrici. Su 41 risposte
ricevute ben 28 affermavano che i campi scuola erano organizzati e finanziati
dalle associazioni.
Allora perché voler negare, in queste linee guida, la stessa
esistenza delle associazioni nell’organizzazione dei campi scuola?
Ovviamente il contributo dell’associazione non è solo
finanziario ma riveste un ruolo ben più importante che investe la promozione, l’organizzazione
e la gestione di tutto quello che non è attività sanitaria e didattica anche
se, in quest’ultimo campo, abbiamo da dire sulle problematiche sociali che,
comunque, ogni giovane diabetico dovrà prima o poi affrontare nella vita.
E poi perché voler limitare la partecipazione delle
associazioni “in casi particolari” relegandola nello stesso capitolo dove si
parla anche di cooperative sociali e di servizi sociali di altri enti e simili
(con quale esperienza?).
Un’altra cosa che mi dà da pensare è l’esemplificazione
dei costi dove sono evidenziati per il vitto ed il pernottamento oneri diversi
per bambini, medici ed infermieri (hotel 4 stelle per i medici, 3 stelle per
infermieri con un costo complessivo di pensione che è oltre il doppio del costo
per i bambini) senza tener conto che per questi ultimi sono da prevedere anche
due merende giornaliere che certamente incidono sul costo della pensione.
Cosa significa tutto ciò? Forse, per assurdo, che i
partecipanti al campo soggiorneranno in tre strutture diverse: albergo 4 stelle
per i medici, albergo 3 stelle per gli infermieri, albergo 2 stelle per i
bambini ed ogni tanto si incontreranno oppure che i medici vogliono fare una
vacanza con tutti i confort possibili?
Io ho l’impressione che se questo protocollo dovesse essere
accettato integralmente dalle regioni in poco tempo i costi lieviterebbero sino
a diventare esorbitanti.
Infine, all’inizio del cosiddetto protocollo si fa
riferimento ad una serie di leggi di cui solo la prima è riferita al diabete
(legge 115/1987 voluta e promossa dalle associazioni) che guarda caso, al punto
9.1 recita “Per il raggiungimento degli scopi di cui all’articolo 1, le
unità sanitarie locali si avvalgono della collaborazione e dell’aiuto delle
associazioni di volontariato …..”, ma sono state ignorate anche molte altre
disposizioni successive quali:
Il D.L. 502/92 che alla voce “Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini” prevede specifiche consultazioni degli utenti e delle associazioni non solo per “la raccolta di pareri” ma anche per l’individuazione dei cosiddetti “ segnali di disservizi” nonché la presenza delle associazioni all’interno delle strutture sanitarie (Titolo IV punti 2, 4 7);
Il piano sanitario nazionale 98/2000 che nelle premesse ne - IL PATTO CON IL VOLONTARIATO - recita: <Il volontariato rappresenta un momento forte del nuovo patto solidale, in ragione del suo contributo alla umanizzazione del servizio e per le istanze etiche di cui è portatore. Con la sua presenza contribuisce a dar voce ai bisogni dei soggetti svantaggiati e svolge un ruolo importante nella valutazione partecipata della qualità dell’assistenza>.
Il D.L.30/12/92, n. 502 - .Titolo IV punto 2 “Le regioni promuovono inoltre consultazioni con i cittadini e le loro organizzazioni anche sindacali ed in particolare con gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti al fine di fornire e raccogliere informazioni sull'organizzazione dei servizi. Tali soggetti dovranno comunque essere sentiti nelle fasi dell'impostazione della programmazione e verifica dei risultati conseguiti e ogniqualvolta siano in discussione provvedimenti su tali materie.” E poi al punto7. “E' favorita la presenza e l'attività, all'interno delle strutture sanitarie, degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti. A tal fine le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere stipulano con tali organismi, senza oneri a carico del Fondo sanitario regionale, accordi o protocolli che stabiliscano gli ambiti e le modalità della collaborazione, fermo restando il diritto alla riservatezza comunque garantito al cittadino e la non interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanitari; le aziende e gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti concordano programmi comuni per favorire l'adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini. I rapporti tra aziende ed organismi di volontariato che esplicano funzioni di servizio o di assistenza gratuita all'interno delle strutture sono regolati sulla base di quanto previsto dalla legge n. 266/91 e dalle leggi regionali attuative (23).”
Ma ci sono anche specifiche indicazioni sulla partecipazione delle Aassociazioni alle iniziative di educazione sanitaria ed alla verifica delle attività nelle leggi regionali ed a tal fine ne cito alcune della Regione Toscana:
L.R.14/99 - Disposizioni per la prevenzione e la cura del diabete - La Regione Toscana si propone di attuare interventi rivolti:
o Omissis
o d) allo sviluppo di azioni sinergiche tra i centri specialistici, la medicina e la pediatria di base e le associazioni di volontariato;
Il piano sanitario regionale 1999/2001 che indica fra gli “attori” le associazioni di volontariato
Le “linee organizzative dell`attivita` diabetologica e percorso assistenziale per il paziente con il diabete” che alla voce ATTORI dichiara -Le Associazioni di volontariato collaborano con le Strutture di Diabetologia Pediatrica all’educazione dell’autocontrollo ed autogestione del paziente con diabete, alla divulgazione della corretta conoscenza della patologia a livello sociale ed alla verifica della qualità del servizio.
I familiari dei bambini e ragazzi con diabete possono aggregarsi in Associazioni di Volontariato che contribuiscono alla definizione dei bisogni, all’educazione all’autocontrollo e all’autogestione, alla organizzazione logistica dei Campi Scuola, al reperimento dei fondi necessari per progetti di studio e ricerca, alla divulgazione della corretta conoscenza della patologia a livello sociale e scolastico.
Dunque, a mio parere, queste linee guida sono antistoriche,
vogliono ignorare e negare tutto quello che è stato fatto in questi anni dalle
associazioni, non solo per i campi scuola, non vogliono tener conto dell’esperienza
acquisita e soprattutto sono in contrasto con una miriade di disposizioni
legislative nazionali e regionali.
Sono sicuro che tutto il documento in argomento si risolverà
semplicemente in un’esercitazione stilistica senza alcun effetto pratico
agd Grosseto (R. B.)
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