Sono dei "momenti" di
educazione ed addestramento teorico-pratici all'autogestione della malattia
organizzati in forma "residenziale", in ambienti extraospedalieri al
quale partecipano in funzione di docenti, per le singole competenze, medici ed
infermieri qualificati, una dietista, una psicologa, un insegnante di educazione
fisica, una o due esperte in animazione, uno/due genitori "guida", un
rappresentante dell'associazione di volontariato organizzatrice.
La durata di un campo, normalmente varia
dai sette ai dieci giorni e per tutto il periodo i sanitari ed i ragazzi fanno
vita comune.
Le lezioni teoriche si alternano ad
esercitazioni pratiche permettendo in tal modo di verificare il grado di
apprendimento e colmare eventuali lacune. Ciascun ragazzo è stimolato a
compiere da solo, qualora non lo faccia gia', i controlli e le terapie
necessarie.
Naturalmente al campo si deve proseguire
e completare un discorso iniziato in ospedale al momento della diagnosi con la
differenza che all'inizio della malattia i veri interlocutori erano i genitori,
mentre al campo è il ragazzo ad essere coinvolto e responsabilizzato in prima
persona.
Vivere in stretto contatto, 24 ore su 24
consente ai medici di osservare piu' direttamente i ragazzi e stabilire con loro
non più un rapporto di dipendenza medico-paziente ma un'attiva e diretta
collaborazione.
Il campo scuola e' quindi il primo passo
per l'autonomia del ragazzo da una famiglia spesso (e logicamente)
iperprotettiva. Quei dieci giorni passati "da solo" rassicurano i
genitori, spesso titubanti all'inizio, sulla capacita' del figlio di
autogestirsi e sviluppano nel figlio una maggiore sicurezza di se'.
Cio' avviene talora anche per una sorta
d'emulazione e spirito di gruppo; non a caso al campo anche i più reticenti
provano con successo a farsi da soli l'iniezione d'insulina, regolano
coscientemente la propria alimentazione, eseguono diligentemente e con costanza
i vari test per il monitoraggio del proprio stato metabolico (glicemia e
glicosuria).
Allo stesso tempo sia i medici che lo
psicologo hanno modo di rilevare le reazioni e le caratteristiche
comportamentali di ciascuno sia con l'osservazione quotidiana sia mediante
particolari tecniche (i cosiddetti psicodrammi) da cui scaturiscono gli
atteggiamenti di ognuno nei confronti della malattia; infatti, non sono da
sottovalutare anche i problemi di carattere sociale e psicologico che prima o
poi questi bambini, una volta diventati adolescenti, si trovano ad affrontare
anche perché bombardati da messaggi pubblicitari che spingono a consumi di
bevande, dolciumi e gelati rendendo questi ragazzi insoddisfatti e compressi nel
proprio stato di salute.
Chi far
partecipare ai campi scuola?
Nella quasi totalità dei casi, in
Italia, i campi scuola sono indirizzati a bambini di eta' superiore ai dodici
anni essendo questa l'età in cui iniziano ad autogestire la propria condizione
metabolica.
Ma è anche vero che occorre coinvolgere
in prima persona e prima possibile i bambini. Ci siamo convinti, perciò, che è
opportuno favorire la partecipazione dei bambini più piccoli purche'
accompagnati dal genitore che "gestisce" il diabete e che in
quell'occasione potrà anche aggiornare e calibrare meglio le proprie
conoscenze. Ovviamente questi inserimenti richiedono l'organizzazione di cicli
di lezione specifici per i più piccoli e per i genitori e la presenza di un
numero maggiore di accompagnatori .
Perciò, in accordo con i sanitari del centro multizonale per il
diabete in età evolutiva dell' U.O. di
Pediatria dell'Ospedale di Grosseto che
curano la parte didattica, sono stati organizzati anche
campi per i bambini più
piccoli con nostra grande soddisfazione
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